
La distanza invisibile dietro la porta di casa
Più di cento appartamenti. Un numero che dovrebbe evocare comunità, vicinanza e condivisione. Eppure, negli androni silenziosi del mio condominio, la prossimità fisica si dissolve in una geografia sociale frammentata. Qui, la distanza non si misura in metri, ma nella mancanza di relazioni autentiche.
Conosco forse quindici, al massimo venti volti. Di questi, solo quattro o cinque sono riconducibili con certezza a un numero di interno. Il resto è un mosaico di figure sfuggenti, partecipanti involontari di un rituale di riconoscimento minimo: un cenno del capo, uno sguardo rapido, e poi l’indifferenza riprende il suo corso. Questi “saluti da condominio” sono certificazioni minime dell’esistenza reciproca, un atto di cortesia ridotto all’essenziale.
Esistono poi categorie più ermetiche. Coloro che, con una precisione quasi scientifica, evitano ogni contatto. Sentono la tua presenza dietro di loro mentre entri nel palazzo, eppure chiudono il portone rapidamente, lasciandoti fuori come se fossi un intruso. Un gesto che comunica chiaramente: “Non voglio interagire”.
All’opposto, c’è chi reagisce a un saluto cordiale con un disagio quasi comico. È come se un semplice “buongiorno” fosse un virus sociale da cui proteggersi. Lo sguardo si abbassa, il corpo si irrigidisce, e ogni tentativo di stabilire una connessione svanisce in una frazione di secondo.
Questa è la realtà di molte comunità urbane: condivisione forzata di spazi ma non di esperienze, vicinanza fisica ma distanza emotiva. Eppure, basta allontanarsi dalla città per scoprire un’altra geografia umana, una dove il saluto diventa un ponte, non una barriera.
Sul sentiero: una comunità senza muri
Basta salire su un sentiero di montagna per assistere a una metamorfosi sociale straordinaria. Qui, l’incontro tra sconosciuti si trasforma in un rito antico e naturale. Il saluto non è un gesto formale, ma un modo di riconoscersi parte di una comunità più ampia.
Questa tradizione affonda le sue radici nei secoli in cui la montagna era un luogo duro e inospitale. In passato, sopravvivere in alta quota significava affidarsi agli altri, creare legami basati sulla cooperazione e sulla fiducia. Un “buongiorno” scambiato sul sentiero non era solo cortesia: era una dichiarazione di appartenenza a un mondo dove l’aiuto reciproco poteva fare la differenza tra la vita e la morte.
Oggi, pur in un contesto diverso, questa abitudine conserva il suo significato profondo. In montagna, uno zaino sulle spalle e il passo lento della fatica rendono tutti uguali. Il saluto diventa un simbolo di solidarietà: un cenno del capo, un sorriso, una semplice parola sono gesti che rompono il silenzio della fatica e creano un ponte di empatia immediata.
Il sentiero come luogo di connessione autentica
In montagna, ogni saluto è un atto di riconoscimento reciproco. È un modo per dire: “Vedo la tua fatica, condivido il tuo cammino”. E spesso non si limita a un semplice gesto. A volte è un incoraggiamento, un “tutto bene?” detto a chi sembra stanco o in difficoltà. Altre volte è l’occasione per scambiarsi informazioni sul sentiero o per offrire un pezzo di cioccolato a uno sconosciuto.
In regioni come l’Alto Adige, questa tradizione si arricchisce di sfumature culturali. Qui, un saluto può essere un “Grüß Gott” in tedesco, un “Bun dé” in ladino o un semplice “Buongiorno” in italiano. Lingue diverse che raccontano la stessa storia di condivisione e rispetto.
Un gesto di sicurezza e umanità
Salutarsi in montagna non è solo questione di cortesia. È un atto di sicurezza. Comunicare la propria presenza può fare la differenza in caso di emergenza. Una persona che sa di averti visto potrebbe ricordarsi di te se qualcosa andasse storto. Non è un caso che chi frequenta abitualmente i sentieri non si chieda mai perché si saluta: lo si fa e basta. Perché è parte dell’esperienza, è un riflesso di un’umanità più autentica.
Il contrasto tra due geografie umane
La differenza tra il condominio e il sentiero è netta: due geografie umane opposte. Nel primo, l’indifferenza e l’isolamento regnano nonostante la vicinanza fisica. Sul sentiero, la solidarietà spontanea e l’empatia prosperano anche a chilometri di distanza dai centri abitati.
Forse, la vera geografia dei rapporti umani non si misura in metri o chilometri, ma nella nostra capacità di riconoscere l’altro. Un semplice sorriso, un saluto, un gesto gentile sono strumenti potenti per abbattere le distanze invisibili e ricordarci che, in fondo, esistiamo gli uni per gli altri.
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Istruttore di Trekking Certificato | Guida Ambientale Escursionistica | Autore di libri | Blog & Podcast | Volontario di Croce Rossa Italiana